Frequenze tv, mobile e democrazia
Si è conclusa in Francia la seconda tornata di assegnazione delle frequenze per i nuovi servizi internet mobile: per la banda 800 Mhz, gli operatori hanno speso 2,64 miliardi di euro, contro gli attesi 1,8 miliardi. La prima, chiusa a settembre, ha ottenuto 936 miliardi di euro mentre il governo ne attendeva solo 700.
Questo significa che gli operatori potranno offrire servizi di qualità almeno a 60Mbps, arrivando a coprire il 99,6% della popolazione. Ha dichiarato il presidente dell’Autorità per le tlc (Arcep), Jean-Ludovic Silicani, secondo cui “Tutti gli obiettivi che avevamo fissato sono stati soddisfatti: copertura del territorio, valorizzazione dello spettro pubblico, animazione della concorrenza”.
Intanto in Italia si rischia di regalare le frequenze tv al duopolio Rai-Mediaset. Senza tener conto che si tratta di un bene pubblico e che molte tv locali sono state fortemente sacrificate dalla riduzione di frequenze a loro disposizione. Pochi giorni fa l’ex presidente del Consiglio aveva indicato che a suo parere le frequenze televisive “non hanno più valore”.
“Di megahertz in giro, tra telefonia e digitale, ce ne sono fin troppi”, aggiungendo che ormai “i costi per il contenuto delle frequenze superano grandemente i ritorni che si possono avere. Io, non credo che ci sia nessuno particolarmente interessato a fare investimenti per ottenere una frequenza. Se il ministro vuole bloccare la procedura del beauty contest, si accomodi pure”.
Ma se pure fosse vero – da dimostrare – che le frequenze tv interessano meno, perché non convertile dove sono richieste, ad esempio per il mobile (e garantire allo Stato importanti risorse in un momento di gravissima crisi?)Hanno scritto recentemente i
commissari Agcom Nicola D’Angelo, Michele Lauria e Sebastiano Sortino in una lettera inviata al direttore di Repubblica
“La critica che noi abbiamo sempre fatto – non è solo al beauty contest, ma al rapporto di conversione adottato e attraverso il quale lo Stato si è spogliato del diritto di recuperare risorse di cui è titolare per poterle destinare, alle migliori condizioni economiche, agli usi più efficienti, secondo principi di neutralità tecnologica. Per sostenere la tesi contraria si fanno osservazioni contestabili”.
La neutralità tecnologia è un aspetto fondamentale per la democrazia del prossimo futuro.
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