Il modello multimediale della mente

Il modello multimediale della mente

di Enrico Cocuccioni

Quali “perturbazioni” reciproche è possibile rilevare tra le odierne procedure creative del Media-Design e alcune tra le più avanzate metodologie applicabili al campo della comunicazione, elaborate nell’ambito di una concezione sistemica e cibernetica della mente che in gran parte è ispirata all’opera dell’antropologo Gregory Bateson?

Il testo che segue è la trascrizione di una mia conversazione con Laura Quintarelli, master e trainer di PNL, esperta in formazione aziendale nel campo della comunicazione e delle risorse umane, sulle possibili applicazioni in chiave metodologica della Programmazione Neurolinguistica (*) a quelle discipline del progetto che costituiscono materia di studio per gli esperti in linguaggi audiovisivi e multimediali.

EC: Mi sembra di poter rilevare singolari punti di contatto tra le metodologie della PNL e alcune procedure adottate nel campo del design multimediale. Proverò qui a passare rapidamente in rassegna qualche esempio. Potrei cominciare da un tema tra i più noti, quello dei canali sensoriali dominanti, in cui si tratta delle modalità visive, auditive e cinestetiche mediante le quali organizziamo le mappe mentali delle nostre esperienze: è facile trovare qui una similitudine con le tre colonne (video, audio, azioni) di cui si compone in genere lo storyboard di uno spot o di una sigla animata(1).

In un libro sulla “ristrutturazione” (reframing) troviamo, inoltre, uno “schema di creazione di una nuova parte” dove si fa esplicito riferimento ad una sequenza di tipo cinematografico (2). Del resto il concetto stesso di reframing chiama in causa una re-inquadratura del significato di un evento che forse avviene sul piano visivo ancor prima di tradursi in una riformulazione verbale: un cambiamento, insomma, di cornice percettiva.

Un riferimento esplicito alle tecniche di progettazione multimediale può essere inoltre indicato, ad esempio, nel modello della strategia di storyboarding attribuita a Walt Disney, estratta e riformulata da Robert Dilts (3), dove si parla appunto di quelle sceneggiature visive, basate com’è noto sul disegno di una sequenza d’inquadrature, usate nel progetto di un film d’animazione.

C’è poi un’ampia gamma di riferimenti più o meno espliciti alle tecniche videografiche: dalla ricerca indotta delle distinzioni submodali pertinenti e della timeline personale (tra l’altro il concetto di “linea del tempo” è molto usato anche dagli esperti in computer animation ), fino agli schemi di visualizzazione guidata, simili ad effetti speciali televisivi, adottati nella cura rapida di coazioni e fobie.

via Enrico Cocuccioni – Laura Quintarelli.

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