Don Milani e la professoressa

Adele Corradi ha vissuto quell’esperienza con amore e libertà: gli unici ingredienti che permettono di capire davvero, nel profondo. Dunque Non so se don Lorenzo, in uscita mercoledì per Feltrinelli (pp. 176, euro 14), risulta libro commovente e capitale. L’autrice d’altronde si presenta in regola: classe 1924 (un anno meno del Priore), «l’Adele» – così don Milani la cita molto spesso nelle lettere alla mamma – è stata una fiduciaria assoluta di Barbiana dal 1963 alla morte del sacerdote toscano nel 1967; innumerevoli i servizi a lei affidati, oltre la scuola: era incaricata di telefonare (a Barbiana non c’era apparecchio) per tenere i più vari contatti, portava al Priore le medicine per la sua grave malattia, accompagnava lassù la mamma di don Milani da Firenze, prestava la macchina a don Lorenzo e anche al primo dei suoi ragazzi, Michele Gesualdi (ci scappò pure un incidente…), fece da ambasciatrice presso il cardinale Florit – il quale la definì nel suo diario «una nevrastenica professoressa»…

Fu lei a salvare l’originale del Catechismo, che don Milani voleva distruggere prima di morire; così come, da una discussione con le ragazze della sua terza media che avevano organizzato una festa da ballo a scuola, nacque il pamphlet milaniano Anche le oche sanno sgambettare. Non per nulla, quando nel gennaio 1966 il Priore (dopo l’ennesima incomprensione) dichiarò il «blocco continentale» delle visite al suo capezzale per tutti eccetto «contadini, operai, persone che non abbiano fatto più della terza media, preti», la Corradi non ebbe bisogno di lasciapassare: «Lei no perché è barbianese, non le occorre».

via Don Milani e la professoressa «buona» | Cultura | www.avvenire.it.

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