Il sapore delle cose
Chi è il sapiente? Non è tanto colui che “sa” le cose, ma colui per il quale le cose “sanno”: hanno cioè sapore. Non a caso il verbo latino sapio, sapis, sapere significa sia “eesere saggio” che “avere sapore”. Nella tarda latinità ha sostituito lo stesso verbo scire, legando ancor più i due significati.
Davanti un libro, un bosco, un’opera d’arte, un macchinario, devo essere in grado di conoscere di che cosa si tratta per potervi ritrovare dei significati. La realtà che ci circonda va letta, interpretata, accolta con cura perché possa diventare significativa.
Il cibo ha bisogno di essere cotto, o almeno predisposto in determinate modalità, per essere più appetitoso, per avere maggior “sapore”. Anche il nostro rapporto con la realtà e con la vita ha la stessa necessità.
Sapore e Sapere: più imparentati di quanto si possa credere.
Educarci a saper leggere dentro la realtà i tanti significati che essa è in grado di suggerirci è un potente antidoto contro uno dei mali del nostro tempo: il senso di vuoto, l’impossibilità di trovare qualcosa su cui investire personalmente, qualcosa per cui valga la pena condividere con altri un progetto e un cammino. In mancanza della capacità di trovare “sapore” nelle cose, deleghiamo ad altri, per lo più a pagamento, questa incombenza. L’industria “culturale” – in realtà dell’intrattenimento alienante – ne è un esempio, ma potremmo arrivare anche a vedere nell’uso sempre più diffuso di sostanze chimiche un segno di questa delega.
“Mappe” riprende per contrasto un antico mito, quello di Orfeo ed Euridice. Se una notte stellata, contemplando la costellazione della Lira, ci ricordassimo di alcune cose, avremmo già messo in crisi l’industria dello stordimento artificiale. Di quali cose?
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