Come è stato e come sarà il futuro?

Il futuro non è più quello di una volta?
“Se nel 1981 mi fossi presentato nell’ufficio di un editore con la proposta di un romanzo di fantascienza ambientato nel 2011 e in quella proposta ci fosse stata una normale descrizione del nostro mondo d’oggi, mi avrebbero detto che era impossibile, che quello descritto era un mondo ridicolo. Privo di senso… Immaginare nel 1981 che il petrolio avrà un effetto destabilizzante sul clima globale, che un’epidemia altamente contagiosa di una malattia letale a trasmissione sessuale avrà effetti devastanti sull’Africa, New York verrà attaccata da estremisti islamici che distruggono due grattacieli e l’America reagisce con due guerre in Medio Oriente e Asia Centrale? L’editore mi avrebbe sbattuto fuori dalla porta… Certo, avrebbero ammesso che dentro quella proposta c’erano una mezza dozzina di trame avvincenti per altrettanti romanzi di fantascienza, ma tutte nello stesso romanzo? Impossibile».
Le visioni di Ballard sono realtà
Oggi la fantascienza non sogna più
Il futuro si è avverato e quindi non è più. Abitiamo i tempi immaginati da James Ballard,William Gibson e Philip K. Dick; quei loro futuri sono il nostro presente. E c’è un problema: oggi da qui pensare a un futuro possibile è complicato. Per la fantascienza (e forse non solo per lei). Può essere un modo di vedere le cose. «Da 20 o 30 anni non c’è un futuro da progettare perché è stato ablato, divorato da una formazione economico sociale che si chiama capitalismo post-fordista o della conoscenza». Antonio Caronia risponde al telefono da un tunnel della metropolitana. Docente di Comunicazione multimediale all’Accademia di Brera, è stato (anche) curatore di opere e autore di testi sulla fantascienza, oltre che traduttore di Ballard (La mostra delle atrocità). Sostiene che il media landscape, il paesaggio mediatico preconizzato da Ballard, è diventato realtà. Che significa? Lo scrittore in un’intervista del 1982 — ma c’era arrivato da tempo — lo spiegava così: «La tv domina ed è vista da tutti per tutto il maledetto tempo che gli resta libero… La pubblicità è molto potente… Il volume e il ricambio di immagini, il bombardamento costante sono enormi. La pressione della distribuzione commerciale è tremenda. Noi siamo vittime di questo sovraccarico informativo che ha appiattito la vita della gente. È l’unica realtà che viviamo da queste parti: paesaggio mediatico».
Anni prima, proprio in quel testo tradotto da Caronia, Ballard indagava «i punti di incontro tra imedia e il nostro sistema nervoso », cercando di dare senso ad alcune morti mediatiche degli anni 60: da Marilyn a JFK. Nel libro, uscito nel ’70 in Inghilterra e nel ’72 negli Usa, e lì ritirato dal commercio, Ballard inserì lo scritto del ’68 «Perché voglio fottere Ronald Reagan», in cui vaticinava l’elezione alla Casa Bianca dell’allora governatore californiano. Intuizione fuori tempo massimo all’epoca della ristampa del volume a San Francisco nel ’90. Ecco: per il gioco sulle «profezie avverate» non vale… Ma conta davvero qualcosa?
Ammesso che un genere letterario abbia una missione, quella della fantascienza qual è? Fare previsioni indovinate? Jules Verne parlò di viaggi sottomarini e spaziali in anticipo sulla tecnologia necessaria a realizzarli e immaginò l’aria condizionata. H. G. Wells scrisse di bomba atomica nel 1914 in La liberazione del mondo, dove trova posto anche l’uso industriale dell’energia nucleare e gli sconvolgimenti che la scoperta avrebbe comportato. Invece chi pensò a viaggi nel tempo e teletrasporto, o diede vita amarziani e replicanti pare sbagliasse: Marte è deserto e dei Nexus 6, ideati per terminare il loro ciclo nel 2016 (almeno nel filmBlade Runner), a primavera 2012 non c’è traccia. In ogni caso, Orwell o Huxley oggi paiono profeti migliori di Verne. Almeno a Caronia.
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