Chiedilo a Severus

Questo spazio è un luogo di confronto, discussione e informazione su argomenti relativi alla Matematica, intesa non solamente come compiti e programmi scolastici ma come tutto l’insieme di problemi, quesiti, congetture o semplicemente curiosità che costituiscono il vero motore del progresso della Matematica, e della Scienza in generale, la quale parte dall’analisi del particolare per poi costruire schemi di pensiero e teorie che interpretano il mondo e le sue leggi.
La teoria delle probabilità nacque dall’esigenza di dividere equamente la posta dei giochi d’azzardo in caso di interruzione forzata della partita (il re di Francia fu costretto a vietare il gioco d’azzardo all’aristocrazia: prima si rovinavano al gioco e poi chiedevano soldi a lui).
La teoria dei numeri complessi nacque dall’esigenza di risolvere l’equazione di terzo grado che a sua volta rispondeva a esigenze a carattere commerciale.
La moderna logica astratta, concepita come esercizio di rigore formale, ebbe come figlia la moderna informatica e l’esistenza stessa dei computer. Di solito si inizia a porsi un problema, per quanto ozioso o astratto possa sembrare, e si finisce sempre per farci qualcosa.
La partecipazione è aperta a tutta la comunità del Liceo Scientifico “Redi” e, più in generale, a chiunque fosse interessato all’argomento.
Se non vi rendete conto del perché le noci di cocco del problema dei naufraghi e della scimmia sono 3121, o di come sia possibile che un oggetto frattale abbia dimensione non intera, chiedete pure.
Un professore di Matematica, soprannominato dagli studenti Severus in analogia con l’omonimo personaggio di una celebre saga (ma non ho mai capito perché…), risponderà ai vostri quesiti.
Troverete qui anche materiali, appunti e teoremi accumulatisi nel corso degli anni a fronte di curiosità nate negli studenti durante i corsi tenuti in classe. Finché sarà viva la curiosità nei giovani, e nella gente in generale, sarà viva la Scienza e sarà vivo il progresso che ne consegue.
Severus
Vorrei sapere cos’è un numero primo. Giovanni Fascetti, Pisa.
Un numero primo è un numero naturale (intero e positivo) che si divide solo per uno e per sè stesso. Uno non si considera primo (perchè verrebbe meno l’unicità della scomposizione in fattori primi dei numeri interi). Molto si sa sui numeri primi, ad esempio che sono infiniti, e molto si ignora. Severus.
I numeri primi sono davvero infiniti? Non può esistere un numero primo (maledettamente grande) tale che tutti i numeri successivi sono divisibili dai precedenti?
Eh, sì, i numeri primi sono davvero infiniti. La dimostrazione sembra essere nota sin dai tempi di Euclide.
Se i numeri primi fossero in numero finito potremmo stilarne la “lista”, almeno in modo teorico. Sia
p1, p2, p3, ……, pN
la lista dei numeri primi in ordine crescente. E’ chiaro che p1 è 2, p2 è 3 e così via fino a un non ben determinato pN.
Nulla vieta di considerare il prodotto
p1.p2.p3. … .pN
e di sommarci 1. Si ottiene:
p1.p2.p3. … .pN +1
Questo numero è evidentemente maggiore di ogni membro della lista, quindi non appartiene ad essa e di conseguenza non è primo. Ma provando a dividerlo per p1, ad esempio, si ottiene
p2.p3. … .pN +1/p1
ovvero un risultato non intero. Lo stesso provando per gli altri primi della lista. Questo numero, riassumendo, non è né primo né composto, ovvero non è primo ma non si divide per nessun primo. Questo è impossibile e pertanto l’ipotesi di base, ovvero la finitezza dei numeri primi, deve essere errata.
Dopo aver risposto a Edoardo che chiedeva se i numeri primi sono o no infiniti, parliamo di un altro argomento. Tutti, più o meno, hanno un’adorabile zietta la cui presenza si rivela preziosa in occasione di compleanni e ricorrenze varie. Che accade se la cara zietta vi regala una scacchiera?
1) Imparate a giocare a scacchi.
2) Portate la scacchiera da un robivecchi sperando di tirarci su almeno cinque euro, ma il robivecchi si chiama Thènardier e alla fine vi trovate con venti centesimi con i quali comprate una caramella al limone (scaduta).
3) Dite alla zietta cosa ne pensate del regalo e fate una croce su tutti i regali futuri.
4) Ricoprite la scacchiera di tessere del domino.
L’ultima alternativa può sembrare un po’ strana, ma vediamola meglio. Supponete che le tessere del domino siano dei rettangoli ciascuno dei quali copre esattamente due caselle adiacenti della scacchiera. E’ ovvio che con trentadue tessere si può ricoprire tutta la scacchiera in modo assai facile. Ma se si asportano dalla scacchiera due caselle d’angolo, opposte tra loro, ovvero estremi di una stessa diagonale, si può ricoprire ciò che resta con trentuno tessere? Se sì dire qual è la configurazione, se no dimostrare l’impossibilità. Auguri.
P.S. La caramelle scadute fanno male. la cosa migliore è dimenticare l’intera faccenda, magari la prossima volta va meglio e vi regala lo scolapasta di cui al problema precedente.
Una cosa interessante dei numeri primi è che sono i mattoni dell’aritmetica (intesa in N (numeri interi positivi con 0), infatti ogni numero (di N) si scompone in modo essenzialmente unico (a meno dell’ordine) in un prodotto di (potenze) di numeri primi. Ebbene poniamo il seguente problema, potete spedire per telefon(in)o solo un numero (magari anche grande, ma solo uno), e comunicare con ciò il cognome del vostro compagno di banco (ad esempio), o meglio escogitare (insieme alla persona che riceve il messaggio in forma di unico numero) un tale modo. Ebbene con i numeri primi la cosa è (teoricamente) elementare:
1) Per prima cosa stabiliamo una corrispondenza tra numeri e lettere dell’alfabeto, ad esempio 1 A, 2 B, …3 C …
dunque se ad esempio volessi spedire il mio cognome “BUSCHI$ dovrei spedire la sequenza (so ciò che pensate ma pazienza un minutino) 2, 19, 17, 3, 8, 9.
2) LA domanda spontanea sarà: ma non si aveva detto un solo numero? ebbene trasformiamo una sequenza in un solo numero, con laiuto dei numeri primi, che formano una sequenza infinita 2, 3, 5, 7, 9, 11, 13, 17, 19…. ce scriviamo come
p1, p2, p3 … (ad esempio p3=5) e trasforiamo la sequenza (corrispondente al mio cognome BUSCHI) nel prodotto
p1^2 x p2^19 x p3^17 x p4^3 x p5^8 x p6^9 (il simbolo “^” indica l’elevamento a potenza e “x” il prodotto, ad esempio 3^2= 3 x 3= 9) in cifre sarebbe 2^2 x 3^19 x 5^17 x 7^3 x 11^8 x 13^9.
E bbene il nostro amico (magari con l’ausilio del computer) avrà solo da fattorizzare in primi il numero che gli perviene, ed osservare le potenze dei vari numeri primi, e otterrà la sequenza 2, 19, 17, 3, 8, 9, e trovando le lettere corrispondenti dedurrà B-U-S-C-H-I.
Una domanda (intelligente) potrà essere, ma dunque l’insieme N contiene in se (in forma decodificata) tutte le possibili sequenze finite di numeri interi? Esatto, infatti l’insieme N è il più piccolo livello di infinito, e proprio per tale caratteristica (in-finito) a proprietà peculiari (come quella sopra esposta) nettamente differenti da quelle di insiemi finiti.
ALGEBRICITA’ DI A i
Innanzitutto confesso che non riesco a capire come è stato catalogato questo forum, ne dove sono le risposte o i vari commenti per argomento, la cosa, tipiche cose scolastiche, che riescono rendere cavilloso anche l’ovvio.
Mi è stato chiesto di dimostrare il seguente asserto: dato un numero (complesso) algebrico A dimostrare che anche Ai (A per l’unità (cosiddetta) immaginaria) è algebrico. Assumiamo quindi l’esistenza di un polinomio P(x) a coefficienti interi con P(A)=0. Diamo i seguenti due teoremetti:
T1) A è algebrico -A è algebrico.
DIM. Considerare P(-x)
T2) A^2 è algebrico A è algebrico.
DIM. (=>): Se E(X) è a coefficienti interi con E(A^2)=0 allora F(A)=0 con F(X):=R(x^2).
( A^2 algebrico => -A^2 = (A x i)^2 algebrico => A x i algebrico .
Durante la sessione di allenamento per le gare di Matematica avuta luogo mercoledì 14/11/12 alcuni studenti mi hanno chiesto di controllare la soluzione del seguente problema:
Manolo e Michele vengono assunti lo stesso giorno in banca. Lo stipendio di Manolo è 100 euro il primo mese e aumenta di 100 euro ogni mese. Quello di Michele è di 1 euro il primo mese e raddoppia ogni mese. Nel primo mese in cui il guadagno totale (dal primo giorno di lavoro fino a quel momento) di Michele avrà superato il guadagno totale di Manolo, quanto sarà la differenza tra detti guadagni?
La soluzione è abbastanza semplice (se non la trovate chiedete). Credo che l’errore commesso in sede di allenamento sia stato dovuto ad una lettura affrettata del testo, si parla della somma degli stipendi fino a un dato momento, non dello stipendio del mese. Severus.
Chi fu il primo a dimostrare il teorema fondamentale dell’algebra? Giovanni, Pisa.
Il teorema fondamentale dell’algebra, il quale dice che ogni polinomio a coefficienti reali è scomponibile in fattori di primo e secondo grado, ebbe parecchi tentativi di dimostrazione, tra cui ad esempio quelli di Eulero e D’Alembert. La prima dimostrazione considerata completa ed esaustiva si deve a Karl Friederich Gauss (1799). Severus.
cosa è un prisma quadrangolare regolare??
Un prisma è una figura geometrica tridimensionale ottenuta traslando verso l’alto un poligono bidimensionale. Se la traslazione avviene lungo una direzione perpendicolare al piano del poligono si dice prisma retto. Un prisma si dice quadrangolare quando il poligono di base ha quattro lati. Si dice regolare quando il poligono di base è regolare, ovvero ha tutti i lati e gli angoli uguali. Il poligono regolare con quattro lati si chiama quadrato quindi, in buona sostanza, un prisma quadrangolare regolare è un prisma a base quadrata. Se è anche retto è un parallelepipedo a con due spigoli perpendicolari uguali. Severus.
Ultimamente mi sono appassionato al gioco dello scarabeo e ho provato a risolvere un problema da me stesso posto: avendo a disposizione tutte le lettere del gioco, qual è la parola più corta tra quelle che hanno un maggior punteggio (senza considerare le caselle sulla tavola di gioco che influenzano il punteggio)?
Per rispondere a questo quesito bisognerebbe definire con precisione l’espressione “avere un maggior punteggio”. Significa il punteggio più alto possibile o un intervallo di possibilità (se sì quale)? La soluzione al problema riguardante l’equazione diofantea è già sul sito. Severus.
Come mai, per trovare la frazione generatrice di un numero periodico dobbiamo mettere a numeratore la differenza tra il numero (ripetuto una volta) e il suo antiperiodo, e a denominatore tanti 9 quante le cifre del periodo e tanti 0 quanto quelle dell’ antiperiodo?
La dimostrazione, in astratto, risulterebbe magari un po’ indigesta ma forse un esempio concreto può ugualmente fare in modo che ci si renda conto del perchè dell’algoritmo.
Consideriamo il numero n=1,27333 (periodo 3) e cerchiamo, tramite delle trasformazioni, di farlo diventare intero. Per prima cosa possiamo eliminare l’antiperiodo moltiplicandolo per 100, il che equivale a spostare la virgola avanti di due posti. In questo modo abbiamo 100n=127,333. Il periodo è formato da una sola cifra (3) e pertanto moltiplicandolo per 9 esso diventa un numero periodico di periodo 9, ovvero un numero intero (0.9999 periodico non è “quasi” uno, è proprio 1). Se il periodo è formato da due cifre occorre moltiplicare per 99 e così via. Otteniamo così 900n=1146.
Se al passo precedente avessi moltiplicato per 10 avrei ottenuto 1273,333 ma ho moltiplicato per 9 quindi ottengo 1273,333-127,333, ovvero 1273-127. Ciò spiega perchè 1146 si ottenga tramite la regola citata. A questo punto abbiamo 900n=1273-127 da cui si ricava n che risulta uguale a (1273-127)/900, in accordo con la regola. Resterebbe da convincersi che moltiplicare per tanti nove quante sono le cifre del periodo elimina il medesimo. Per una cifra è abbastanza intuitivo, per più cifre funziona (provare per credere) e il motivo risiede nella somma infinita di una serie geometrica. Infatti, nell’esempio di una cifra sola, il periodo può essere scritto come a/10+a/100+a/1000+…(dove a è la cifra del periodo). Si dimostra facilmente che tale somma è pari ad a/9, pertanto moltiplicando per 9 è chiaro che il numero diventa intero.
Per quattro lettere propongo come campione la parola “quiz”, per sette lettere la parola “qualche” e per sei lettere la parola “aquila”. Naturalmente non esiste un algoritmo matematico e i campioni proposti possono benissimo essere superati. Severus.
Rispondo ad un quesito posto a voce da Edoardo Caproni, temporaneamente off line. Chiede una breve panoramica sul numero e.
Il numero e, o costante di Nepero, è definito come il limite dell’espressione (1+1/n)^n per n che tende all’infinito. Si vede che l’espressione, per valori sempre più grandi di n, tende ad un valore preciso che è circa 2,71. Molti risultati sono stati trovati sul numero e. Ad esempio è dimostrato che si tratta di un numero irrazionale (non può essere rapporto di due numeri interi), nonchè di un numero trascendente (non può essere soluzione di nessuna equazione polinomiale a coefficienti interi). Il numero e è la base dei logaritmi naturali, così chiamati perchè tale funzione ha un significato fisico assai importante in molti ambiti. Si può anche dimostrare che e è la somma dei reciproci dei fattoriali dei numeri naturali, ovvero e=1/0!+1/1!+1/2!+1/3!+… fino all’infinito. Severus.
Rispondo ad Edoardo Caproni che chiede (a voce) quale sia l’utilità “pratica” del numero e. Mi limito ad un piccolo numero di esempi perchè la casistica sarebbe praticamente infinita.
1) In quasi tutti i circuiti elettrici le funzioni che esprimono l’intensità di corrente che circola nel circuito sono funzioni esponenziali di base e.
2) Se si appende una corda a due chiodi essa assume una forma che può ricordare una parabola ma non lo è, si tratta invece di una curva chiamata catenaria la cui equazione contiene la funzione esponenziale e^x.
3) La probabilità di un evento è un numero che sta tra zero ed uno (estremi inclusi). Zero rappresenta l’evento impossibile, uno l’evento certo e nel mezzo ci sono tutte le sfumature (1/2 sarebbe il cosiddetto 50 per cento). Se n persone depositano i propri cappelli in un vestibolo e i cappelli non vengono etichettati la guardarobiera li rende a caso. La probabilità che almeno uno riceva il proprio cappello tende a 1/e al crescere di n.
Questa risposta potrebbe diventare lunga quanto “I miserabili”, gli ambiti della natura che si riferiscono al numero e sono innumerevoli, la tela di un ragno è una spirale logaritmica ed il logaritmo in base e descrive tutta una serie di fenomeni fisici, come ad esempio alcune trasformazioni termodinamiche (entropia). Severus.
Nelle scorse settimane ho fatto i prodotti notevoli e mi sono “appassionato” al triangolo di tartaglia. Una volta ho notato che i numeri (dal 3°) di ogni riga seguiva una certa regola e che cambiava di poco andando avanti con i numeri (naturalmente fino a metà e poi dopo al contrario). La formula per il terzo numero è: il numero della riga -1, diviso 2 e moltiplicato al numero precedente. poi continuando ad aumentare di 1 sia divisore che sottraendo fino alla metà.
Esempio : la riga n° 11
I primi 2 numeri sono sempre 1 e 11 quindi non c’ è formula, ma per il terzo faccio 11- 1 = 10:2 = 5 * 11 = 55 e infatti se si va a vedere dal triangolo di tartaglia il 3° numero della riga 11 è 55 poi come ho detto si devono aumentare di 1 sottraendo e divisore quindi farò 11-2=9:3=3 *55=165… continuo fino a metà 11-3=8:4=2*165=330… 11-4=7:5=1.4*330=462.
Ora sono arrivato a metà e il numero della riga è dispari (11) quindi ci saranno 12 numeri, ripeto i numeri al contrario e ho così fatto la riga 11 del triangolo di Tartaglia senza fare tutto il procedimento iniziando dalla riga 0 fino a 11. Se invece fosse stata pari la riga non avrei ripetuto il numero di mezzo. Al fine di tutto questo discorso, volevo chiedere se questo funziona su tutti i numeri o solo fino a un certo punto perchè io sono arrivato solo alla 15esima riga
Risposta affermativa. Lei ha ricavato la formula dei coefficienti binomiali, ovvero dei numeri del triangolo di Tartaglia, che si desume dal teorema del binomio di Newton.
Prima di tutto occorre definire cosa si intende per fattoriale di un numero naturale. Si chiama fattoriale di n, e si indica con n!, il prodotto di tutti i naturali da uno ad n. Quindi n!=1.2.3……(n-2).(n-1).n. Si definisce 0!=1. Se ora consideriamo il triangolo di Tartaglia dice il teorema di Newton che il numero della riga n-esima che si trova al posto k-esimo è dato da n!/(k!(n-k)!). Ad esempio, il terzo numero della riga undicesima è dato da:
11!(2!(11-2)!), ovvero da 11!(2!9!) che fa appunto 55. Il primo numero si intende di “posto” zero, per cui lì k=0, il secondo numero si intende di posto 1, il terzo di posto 2 e così via. E’ abbastanza semplice dimostrare che questa formula contiene le regole da lei trovate. Consideriamo ad esempio il terzo numero (quindi quello di posto 2). Per esso si ha:
n!/(2!(n-2)!) che si può scrivere come
(1.2.3…..(n-2).(n-1).n))/(2.(1.2.3….(n-2))
Semplificando i fattori comuni tra numeratore e denominatore si ottiene
n(n-1)/2
Che è appunto la regola enunciata. E’ un semplice (ma interessante e utile) esercizio dimostrare che la formula contiene le regole da lei enunciate per i numeri che si trovano in posti differenti dal terzo. La dimostrazione del teorema di Newton si può effettuare tramite il principio di induzione e, su richiesta, può essere aggiunta ai materiali di questo sito. Severus.
Che cosa ne pensa di questo articolo?
http://www.ilpost.it/mauriziocodogno/2013/03/19/una-vecchia-rivoluzione-nella-matematica/
C’è davvero questo distacco crescente tra matematica “pura” e “applicata”?. In che rapporto sta l’insegnamento liceale con queste tematiche? Grazie
Anselmo Grotti
La questione si pone da due punti di vista, quello puramente scientifico e quello didattico.
Dal punto di vista scientifico i due approcci alla matematica sono differenti e concorrenziali. I matematici applicati sono quelli cui il grande capitale permette di portare avanti le loro ricerche, i matematici puri, rinchiusi nella loro torre d’avorio, elaborano teoremi incomprensibili a quasi tutta la popolazione mondiale, in perfetta solitudine e nel disinteresse generale. E’ appena il caso di notare che le formule e le tecniche di calcolo usate dai primi furono, a suo tempo, sviluppate dagli antenati dei secondi, e che i moderni computer nascono sulla base di teorie (Godel, Turing) che sembravano una variante enormemente più lambiccata del paradosso del mentitore. I primi costruiscono tutta una serie di macchine senza dubbio utili, ma sono i secondi a tracciare la strada. Ciò ha un prezzo, il matematico tuttologo (colui che conosce tutta la matematica e tutta la fisica) finisce nel secolo XIX ed oggi sarebbe una figura impensabile anche chi affermasse di conoscere il dieci per cento del tutto. Oltre a ciò l’esperienza mostra che il mondo nutre sospetto e sfiducia, per non dire aperta ostilità, per le comunità iniziatiche che comunicano sulla base di codici criptici e incomprensibili. Godel era un pazzo da manuale (per evitare di essere avvelenato si lasciò morir di fame) e Turing non era da meno, il che non aiuta a formare un interesse intorno alla matematica pura.
Dal punto di vista didattico ciò si risolve in una sorta di disastro annunciato. Capita assai spesso che ragazzi che sanno fare bene le espressioni e che sono precisi nei calcoli si iscrivano in Matematica per poi scoprire che si tratta di tutt’altra cosa. Ciò perchè l’insegnamento a scuola risulta vecchio e ingessato, in certi casi si tratta dei programmi della vecchia riforma Gentile, il Vernacoliere dei livornesi usa l’espressione efficace “pettinare le acciughe” per una didattica di questo tipo. I ragazzi credono che una dimostrazione sia una cosa da imparare a memoria, nè più e nè meno che un’ode del Carducci, non un qualcosa che va trovata, ovvero una sfida per la mente. Si cerca di fare qualcosa, almeno per i ragazzi che dimostrano di essere predisposti, ma si scontra con il monte ore (ridotto dal nuovo ordinamento), col programma da fare (non si può non fare i logaritmi, per dire), con i ritmi imposti dai ragazzi che hanno difficoltà, e dal fatto che ogni innovazione viene vista come fumo negli occhi, senza contare che i colleghi di altre discipline sparano a vista quando si cerca, o peggio si riesce, nell’impresa di suscitare entusiasmo per un approccio di ricerca che coinvolga gli elementi di eccellenza. Le famose gare della Matematica, che ogni volta allungano il Collegio di un paio d’orette, tenderebbero a mostrare, in forma ludica e competitiva, che esiste una Matematica diversa dalle famose espressioni a tre piani e che non tutto finisce con l’equazione di secondo grado, meglio sarebbe istituire dei corsi pomeridiani di Matematica pura, in modo da ridurre al minimo lo scollamento tra il Liceo e l’Università, ma se i partecipanti rischiano di vedersi affibbiare una raffica di due in tutte le altre materie c’è il rischio che l’iniziativa vada deserta. Io stesso sono riuscito a fare ciò una sola volta con la vecchia 5R, che ebbi per tutti e cinque gli anni ma si tratta di esperienze difficilmente ripetibili. Di contro ci sono studenti che capiscono il valore della dimostrazione rigorosa ma manca un indirizzo guida che valorizzi questo capitale. Non a caso molti studenti di valore scelgono medicina o ingegneria, anche perchè chi punta sulla ricerca spesso è costretto ad espatriare da tutta una serie di ottimi motivi, non ultima la necessità di guadagnare. Mette appena conto di notare che nessuno o quasi vuole fare l’insegnante.
Molto si potrebbe fare, ci sono contenuti e metodologie che si possono trasmettere anche a quindicenni (la miglior dimostrazione è che l’ho fatto e in altri paesi lo fanno d’abitudine: negli Stati Uniti i giovani matematici sono portati in palmo di mano, non bocciati in latino) e ciò porta ad un forte incremento delle eccellenze in generale, e a lungo termine anche del benessere generale. Godel poteva anche essere matto ma vorrei vedere il mondo di oggi se eliminassimo tutti i computer e ciò che ne deriva. Severus.
Salve a tutti, dopo la pausa del secondo quadrimestre, durante il quale l’interesse degli studenti per ciò che non è finalizzato al voto è inversamente proporzionale al tempo trascorso, e dopo la pausa estiva, riprendiamo ad esplorare il labirinto delle curiosità matematiche.
Durante i corsi che tengo ad Hogwarts (pozioni magiche, difesa dalle arti oscure, scegliete voi) gli studenti imparano incantesimi certamente utili e di sicuro effetto, ma nessuno saprebbe spiegare perchè funzionano. Nessuno sa perchè, enunciando l’incantesimo “Wingardium leviosa”, gli oggetti possano volare.
I matematici invece, ahiloro, sono costretti a dimostrare tutto ciò che dicono, altrimenti non vale nulla. A tal proposito vi propongo il seguente incantesimo. E’ semplice e l’effetto è assicurato. Considerate la seguente tabella.
19 8 11 25 7
12 1 4 18 0
16 5 8 22 4
21 10 13 27 9
14 3 6 20 2
Procuratevi cinque monete da dieci centesimi e venti da cinque (solo per distinguere i colori). Mettete, completamente a caso, una moneta dorata su un numero e poi delle monete di rame su tutti i numeri della stessa riga e della stessa colonna. Ripetete l’operazione altre quattro volte (nessun numero può reggere più di una moneta). Alla fine rimuovete le monete dorate e sommate i numeri sottostanti. Il risultato è 57. L’effetto è sorprendente perchè le cinque caselle dorate vengono scelte a casaccio. Sappiate che:
1) Potete scegliere e riscegliere le caselle come volete; dà sempre 57.
2) Si possono costruire tabelle (non banali) per ogni possibile risultato finale. E’ ovvio che se si vuole che torni 5 basterebbe mettere uno in tutte le caselle ma il bello è farlo con numeri diversi. Per risultati finali troppo piccoli occorre però usare numeri negativi. Si può andare a una festa di compleanno, invitare i presenti a fare il gioco e il risultato dà sempre l’età del festeggiato.
3) A richiesta Severus fornisce tabelle per ogni risultato al modico prezzo di cento euro ciascuna (scherzavo).
4) Per tutti coloro che stessero per formare (giustamente) il numero della Guardia di Finanza ripeto che SCHERZAVO.
5) Ma al di là di ciò sapreste dire com’è che funziona? Perchè (e come) si costruiscono tabelle per ogni risultato? Tra tutti coloro che invieranno una risposta ragionevole sorteggeremo un buono con cinque punti Superfregatur. Quando ne avrete quindicimila potrete ottenere in dono uno scolapasta, viola o marrone cupo a scelta.
Buon anno scolastico
Severus
Riporto la tabella in forma più leggibile:
19 8 11 25 7
12 1 4 18 0
16 5 8 22 4
21 10 13 27 9
14 3 6 20 2
Mi scuso per il ritardo, ma ecco il problema che volevo proporre.
Poniamo che l’unico modo per immagazzinare dati (elettronici) fosse quello di salvarli in schede forate (quelle dei vecchi calcolatori). A quale volume ammonterebbe tutto il database di Google in questo formato?
Vi avviso che ho la soluzione (abbastanza attendibile) da confrontare con i vostri risultati.
Quindi, questo è il link con la soluzione che ho trovato (guardate le altre pagine e scoprirete altre inquietanti verità…)
http://what-if.xkcd.com/63/
Rispondo con un po’ di ritardo alla domanda di Edoardo. La questione ricorda il titolo di un libro che mi è capitato tra le mani di recente, intitolato “Più o meno quanto?”. Il libro prende le mosse dalla domanda di Gerone, tiranno di Siracusa, il quale chiese ad Archimede quanti granelli di sabbia potrebbe contenere l’Universo. E’ chiaro che si richiede non una risposta precisa ma un ordine di grandezza. Archimede fornì una risposta abbastanza ragionevole, a tutt’oggi ritenuta paragonabile al vero (per quel che ne sappiamo).
Su wikipedia è facile trovare dati molto precisi sulle dimensioni delle vecchie schede perforate (18,7325cmx8,255cmx0,1778mm). Ognuna conteneva 960 fori, ovvero 960 bit. Questi sono dati precisi ma purtroppo non lo sono quelli sulle dimensioni del database di Google, pertanto ho scelto un dato preso sempre da Wikipedia, ovvero 4,5 x (10^16) bit, ma è quasi come chiedersi quanto è grande l’Universo. In ogni caso da questi dati si calcola qual è il vulume di una scheda, quanti bit conterrebbe un metro cubo e infine quanti metri cubi servirebbero. Sono circa 128 milioni di metri cubi, ovvero un cubo di circa mezzo chilometro di spigolo. Altri problemi del tipo sono: quante stelle contiene l’Universo, quanti atomi contiene la Terra etc.
Noto che il link inviato da Edoardo dà la risposta più o meno come superficie in metri quadri. Supponendo tutto contenuto da casse di 1 metro cubo la superficie sarebbe un quadrato di lato circa 11 chilometri, il link parla di zone geografiche degli Stati Uniti, ma mi sembra che più o meno coincida.
Cosa ne pensa del sito?
Scusi quale sito? Il nostro del Liceo o quello del link di cui all’ultimo problema?
Quello del link.
Ci sarebbe anche quest’altro argomento interessante:
http://what-if.xkcd.com/
A parte quello, qual’è il problema citato all’inizio del sito (quello delle scimmie e dei naufraghi?)?)?
Interessanti entrambi i link, bella l’idea di valutare il database di Google sulla base degli introiti e della potenza elettrica consumata dai server. Per quanto riguarda Facebook, trattandosi di una sorta di simulazione della vita reale è logico che prima o poi il numero dei morti sopravanzi quello dei vivi, visto che comunque è quello che succede alla popolazione reale (non tutti i siti Facebook corrispondono a persone reali).
Il problema cui si allude è il seguente:
Cinque uomini e una scimmia fecero naufragio su un’isola deserta. Dedicarono tutto il primo giorno a raccogliere noci di cocco e, dopo averne ammassate un certo numero, decisero di rimandare all’indomani la spartizione. Ma durante la notte uno di loro, temendo che potessero insorgere dissidi al momento della suddivisione, si recò presso il mucchio delle noci, ne prese un quinto e lo nascose, considerandolo suo. Avanzava una noce che gettò alla scimmia. Il secondo, avendo notato l’andirivieni del primo, fece la stessa cosa. Andò al mucchio di noci, ne prese un quinto e gettò alla scimmia la noce che avanzava. Tutti, uno dopo l’altro fecero lo stesso. Ciascuno notò che il mucchio non si divideva esattamente per 5 e che avanzava una noce per la scimmia. Al mattino il mucchio di noci era sensibilmente diminuito ma siccome ognuno era colpevole quanto gli altri tutti preferirono sorvolare. Divisero le noci restanti e stavolta non avanzò alcuna noce. Quante erano le noci di cocco? Si richiede la più piccola soluzione appartenente all’insieme dei numeri naturali.
Questo problema fu presentato all’interno di un racconto su una rivista degli Stati Uniti. Un imprenditore si serve di questo problema per distrarre l’attenzione di un concorrente e fare in modo che costui, assorbito dalla difficoltà della soluzione, dimentichi di presentare la propria offerta per un pubblico appalto consegnandogli dunque una facile vittoria. La rivista fu subissata da una valanga di lettere di lettori che chiedevano la soluzione. Si dovette inviare un telegramma urgente all’autore del racconto (nel frattempo andato a pesca su un lago) così concepito: Per l’amor di Dio, qui è un inferno. Quante noci di cocco?
La soluzione si trova in rete. Ci sono varianti, propinate dal sottoscritto ai propri studenti, in cui invece di 5 naufraghi ci sono i sette nani, le noci di cocco sono diamanti e la scimmia è sostituita da Biancaneve. Un’altra variante sostituisce ai naufraghi i dieci piccoli indiani del romanzo di Agatha Christie ed il problema diventa più difficile, anche per chi trova la soluzione in rete, perchè 10 è pari mentre 5 e 7 non lo sono e la soluzione cambia.
Per risolvere i sistemi lineari (di uguaglianze) a 2 incognite occorrono 2 equazioni; il sistema è risolvibile con il metodo di Cramer. Se il sistema ha 3 incognite servono 3 equazioni (metodo di Sarrus). Fin qui tutto bene. Ecco le domande:
1) Come e perché funziona il metodo di Cramer?
2) Come e perché funziona il metodo di Sarrus?
3) Cosa devo utilizzare per i sistemi lineari con più di 3 incognite?
4) Perché la matematica è stupida, ma al contempo geniale?
L’ultima domanda non c’entra, è uno sfizio personale che mi volevo togliere!
Per quanto riguarda i sistemi a due incognite è facile convincersi che il metodo di Cramer funziona semplicemente scrivendo il sistema in forma generale indicando i coefficienti con lettere.
ax+by=c
dx+ey=f
dalla prima si può ricavare x=(c-by)/a e sostituire nella seconda. Si ottiene
(dc-bdy)/a + ey = f ovvero
dc-bdy +aey=fa da cui si ottiene
y= (fa-dc)/(ae-bd)
che è la formula di Cramer per la y. Sostituendola si trova facilmente la x. Si può fare, anche se ovviamente è più laborioso, lo stesso calcolo per il sistema a tre incognite. Per il caso generale si dovrebbe avere la buona volontà di studiare la teoria del determinante sulla quale mi sembra di avere pubblicato qualcosa su questo sito. Si tratta di una serie di appunti che scrissi sull’argomento per una classe prima e dovrebbero essere accessibili a qualunque studente di liceo.
Per quanto attiene all’ultima domanda la matematica forse può essere definita stupida nel senso che ogni risposta è contenuta nelle domanda “a priori”. Non ci sono spazi all’arbitrio personale nel rispondere ad una domanda ben formulata. Poi, naturalmente ci sono domande semplici e meno semplici, e lì vien fuori la necessità di un certo talento per rispondere a quelle meno semplici. Per innovare occorre addirittura uno sforzo creativo quale i matematici producono da millenni ovunque nel mondo, il che aggiunge non poco al fascino della cosa.
Risposta a Caproni:
1) pensiamo ad una retta R coordinatizzata (pensiamo all’asse X del P.C.) che si identifica con l’insieme dei numeri reali.
Cosa significa 8= 3x ? E’ un condizione (o vincolo) di ugualianza tra due “espressioni algebriche” (misteriosa nozione metafisica ma comunemente accettata) , l’una è banalmente “8”, l’altra è “8x”, tali epressioni algebriche, le possiamo pensare come funzioni, ad esempio “3x” associa ad un numero x un altro numero ottenuto moltplicando per 3 il numero dato x, pensiamo ad un scatola con una entrata, in cui di volta in volta si inserisce un numero che chiamiamo x, e da cui ogni volta esce 3x, cioè il triplo del numero entrato.
LA condizione $3x=8$ andrebbe letta con un punto interrogativo sopra l’uguale: Per quali valori di x, si ha che che dalla scatola esce 8?
Pensiamo alla funzione f(x):=3x, questa trasforma la retta R in se stessa, mappando (associando) ad x il valore f(x), definito come il suo triplo 3x.
Inoltre tale funzione ha una particolarità, è lineare: cioè f(r.a)=r.f(s) e f(a+b)= f(a)+f(b)
infatti f(r.s)= 3.s.r= s.(3r)= s.f(r), f(a+b)= 3.(a+b)=3a+3b.
QUesta funzione ha una funzione inversa, cioè una nuova funzione g (da R in R), tale che se prendo un numero x e con f lo mappo in f(x), e poi applico la funzione g su f(x) il valore ottenuto g(f(x)) è proprio il valore x di partenza (e viceversa scambiando f con g).
Se f(x):=3x come sopra, allora la sua inversa (che si dimostra essere unica) è data da g(x):= 1/3. x, infatti g(f(x))=1/3.(3x)= x, e f(g(x))= 3.(1/3.x)=x.
Quindi il problema 3x=8, letto come f(x)=8 (considerando la funzione f definita come f(x):=3x) si risove applicando la funzione inversa g (def. come g(x):= 1/3 x) ad 8: infatti se esiste un numero x’, tale che f(x’)=8 cioè x’è mappato da f in 8, applicando g al valore f(x’) (cioè a 8) ottengo quel valore x’ che cerco.
Quindi se f(x)=8 si ha x=g(f(x))=g(8)= 1/3.8= 8/3
LA TRATTAZIONE FIN QUI SVOLTA ha anche l’immenso pregio di mostrare quanto e come la matematica può essere stupida, pedante, e nauseante, contribuendo ad aumentare l’odio che già abbondantemente tale materia suscita. Infatti si dirà:
“bastava isolare la x “portartando il 3 di là” e viene x= 8/3″
Per i pochi rimasti a leggere, continuiamo la divagazione. Se considero un sistema lineare, diciamo in due incognite e in due variabili (x, y) ad esempio 3x+2y=5 ; 7x-4y=1, le due espressioni (lineari) a sinistra definiscono una funzione (lineare) f che mappa il piano crtesiano R^2 in se stesso, precisamente associa ad un punto (x, y) il punto (f_1(x, y), f_2(x, y)), dove f_1(x, y) è definito dalla prima equazione, cioè f_1(x, y):=3x+2y ; e analogamente f_2(x, y):=7x-4y.
Tale funzione f è lineare, cioè analogamente a sopra si ha:
f(r.a)=r.f(s) e f(a+b)= f(a)+f(b) (dove r è un numero, e a, e b sono punti del PC rappresentati dalle relative coppie di coordinate del tipo: a= (x_a, y_a), b= (x_b, y_b), e r.a= (r.x_a, r.x_b), a+b=(x_A+x_b, y_a+y_b))
In questo caso il metodo risolutivo non è la semplice “divisione per 3” come per il caso di una sola variabile di sopra, magari si ricorrerà a metodi tipo sostituzione o eliminazione ecc.
MA in base al discorso fatto, il sistema diventa l’equazione: f(x, y)= (5, 1)
cioè per quali punti (x, y) di R^2 la funzione assume il valore (5, 1) ? Se troviamo una (unica) inversa g (che mappa R^2 in R^2) basterà applicare g a (5, 7).
Il metodo di Cramer non è altro che l’espressione implicita della mappa inversa g, definita in base ai coefficienti del sistema iniziale, e si ha che tale inversa essite se e solo se il determinante del sistema è non nullo.
Analogamente per un sistema in tra incognite in 3 equazioni avrei una funzione lineare f che mappa lo spazio cartesiano R^3 in se stesso, ad esempio se il sistema 3x+2y+5z=5 ; 7x-4y+z=1; 2x-3y+6z=3 questi si scrive come
f(x, y, z)= (5, 1, 3) e f associa un punto (x, y, z) il punto (f_1(x, y, z), f_2(x, y, z), f_3(x, y, z)) con f_1(x, y,z):=3x+2y+5z ecc.
In questo caso il metodo risolutivo diretto diviene più labrioso.
Invece il nostro ragionamento pur teorico ha una naturale e semplice generalizzazione: trovare la funzione inversa g di f, e applicarla su (5, 1, 3). Ma si comprende come tale idea generale si generalizzi a dimensioni qualunque…certo direte voi: L’idea teorica va bene, ma poi chi le risolve le cose? CIoè quaesta inversa poi esisite? Non esiste? E se esiste come si trova?
SUccede che lo studio dei vari espedienti o metodi risolutivi per i sistemi lineari con 2 o 3 incognite (come nella pratica generale) si è passati ad un livello che è la vera natura matematica del problema, cioè allo studio di quelle trasformazioni lineari di un R^n (generalizzazione a n-dimensioni del piano cartesiano) in un R^m (o in forma più astratta a trasformazioni tra spazi vettoriali di cui R^n è il prototipo essenziale), tale sviluppo (detto ALgebra Lineare) è ormai un ramo classico della matematica, ma sempre molto elegante e profiquo nelle scienza applicate, tale approccio ha consentito di vedere in modo ampio e completo un problema che prima era visto dal buco della serratura delle single applicazioni e singoli metodi particolari.
Tornando a noi se il sistema avesse solo le prime 2 equazioni e le tre incognite, allora f si interpreta come la funzione f che associa al punto (x, y, z) il punto (f_1(x, y, z), f_2(x, y, z)) cioè mappa R^3 in R^2, oppure se le incognite fossero 2 e le equazioni 2 allora f si interpreta come la funzione f che associa al punto (x, y) il punto (f_1(x, y), f_2(x, y), f_3(x, y)) cioè mappa R^2 in R^3.
Si dimostra che solo le applicazioni lineari da R^n a R^n possono avere una inversa, quindi un sistema ha un’ unica soluzione, quindi solo se ho tante equazioni quento le incognite e il determinante (che si definisce per dimensioni n generali) è non nullo (il che equivale all’esistenza dell’inversa g).
Se invece l’applicazione lienare f è da da R^n a R^m e n diverso da m allora: se n>m possono avere molte inverse, ed ognuna non sarà esatta cioè sinsiema ad una soluzione ve ne sono infinite, se n<m, sicuramente vi sono infiniti valori che la funzione f (definita come sopra) non copre, quindi il sistema non sarà sempre risolubile.
L'algebra lineare, permette di stimare la geometria e la dimensione dei vari sottospazi di R^n e di R^m per cui il sistema avrà soluzioni o non ne avrà, e lo spazio delle soluzioni molteplici.
QUesto (forse) risponde alla tua seconda domanda: perchè la matematica si rivela infine come qualcosa di interessante e significativo.
E diffusa convinzione che la matematica esiste e si sviluppa perchè sarebbe capace di "risolvere i vari problemi che man mano l'utilità dell'applicazione ci pone", questo è certamente vero in parte, e indirettamente (finanziamenti ..) ma in buona parte la matematica non si finalizza al risultato, lo prende come pretesto, sa che per risolvere un problema svilupperà livelli di conoscenza che ne porranno altri ancora più ardui. La meraviglia della matemmatica secondo me sta nel "problematizzare (costruttivamente) ciò che è ritenuto ovvio" e stupirsi di quanta profondità ne segue.
Mi scuso per gli errori grammaticali, oltre alla mia ignoranza, scrivo guardando la tastiera, e l'occhio si stanca per controllare poi il video.
Buongiorno a tutti, dopo l’appassionante dibattito sul volume del database di google, espresso in volume di schede perforate old style (si sarebbe portati a pensare che si possa trattare di tutto il volume del sole, invece basterebbe un grattacielo medio di New York), parliamo oggi di un altro problemino. Scopo del gioco è di vedere se qualcuno riesce a risolverlo entro Natale (di quest’anno).
In Scozia vivevano due falegnami di nome Mc Intosh e Mc Gillicuddy. Ciascuno di loro era un vecchio amico del vino vecchio, ovvero erano due ubriaconi che compravano il vino da un contadino della zona. Per risparmiare (viva la Scozia) ognuno si era costruito delle botti da sè e, per semplicità, si trattava di botti cubiche. Ogni botte aveva lo spigolo pari ad un numero intero di pollici, Mc Intosh aveva due botti, di dimensioni differenti, e Mc Gilicuddy aveva sei botti, uguali tra loro ma diverse da entrambe le botti si Mc Intosh. Entrambi si incontravano ogni sei mesi per la provvista di vino e ne compravano un’uguale quantità. Ognuno, poi, beveva da solo in casa propria (non tutte le sere) e, allorchè decideva di concedersi una bevuta, attingeva da una sola delle proprie botti e il livello della botte prescelta calava esattamente di un pollice.
Quante serate di bevute si concedeva, nell’arco dei sei mesi, Mc Intosh? Quante Mc Gillicuddy?
Sappiate che:
1) E’ perfettamente inutile cercare la soluzione in rete. Otterreste solo l’elenco telefonico di Glasgow o lo script di un vecchio film con Greta Garbo e Melvyn Douglas (Ninotchka) in cui un tipo cerca di sedurre la Garbo raccontandole una barzelletta su due scozzesi con due nomi buffi ma tutte le volte lei lo interromppe con osservazioni sarcastiche e lui perde il filo, per cui non trovate nemmeno tutta la barzelletta.
2) Il problema, così com’è, non è difficilissimo. Se si aumentano a otto le botti di Mc Gillicuddy, e si elimina il vincolo dei sei mesi si ottiene un problema senza soluzione. Se le botti diventano nove, supponendo che i due falegnami siano immortali, si ottiene un problema da far crepare le pietre. Nonostante ciò ci fu chi lo risolse prima dell’avvento dei moderni calcolatori elettronici. Il che vuol dire qualcosa. O no?
Gentile Prof.Severus,
Le scrivo dalla Nuova Zelanda per porgerle una domanda sui numeri primi, la domanda e’ la seguente:
Se io ho trovato un ordine nei numeri primi che mi permette con facilita’:
1 di verificare qualsiasi numero anche elevato se e’ primo o no
2 datomi un numero primo sapere sia quale sia quello piu’ grande che viene dopo, che quello meno elevato che viene prima
3 trovare i due numeri primi che generano il loro prodotto, essendo in possesso solo di quest’ultimo
Come mi devo comportare nel divulgare la mia scoperta? visto che ho letto che i codici elettronici delle banche, sistemi di difesa aerea e attacco missilistico end ecc., si basano proprio sui numeri primi e sulla difficolta’ di fare quanto scritto nei due punti precedenti.
La ringrazio anticipatamente per una sua preziosa risposta e le auguro i migliori auguri di buon anno.
Patricia Roberts
P.S Ho inviato questa domanda ad alcuni matematici in Italia ed in Inghilterra ma non ho ricevuto risposta alcuna. Mi chiedo se sia perche’ ritengano non sia possibile che esista un ordine dei numeri primi, o perche’ non sono proprio in grado di darmi una risposta
Se Lei ha davvero scoperto quanto afferma ha fatto qualcosa che nessuno prima è riuscito a fare. Tengo a precisare che i moderni computer possono fare quanto da Lei descritto ma solo fino ad un certo ordine di grandezza, se il Suo metodo funziona indipendentemente dall’ordine di grandezza di un numero, tipo 10 alla mille, si tratta di una scoperta epocale. Consiglierei la massima prudenza anche perchè, come da Lei stessa ricordato, molti sistemi di sicurezza si basano sull’impossibilità di far ciò e potrebbe essere scomodo essere il depositario di un tale segreto. O si pubblica tutto e subito, in modo che non sia più revocabile, o si prende contatto col Ministero della Difesa del proprio paese e si chiedono lumi. Buona fortuna.
Salve a tutti.
Su una bilancia c’erano dei pesci. Ne vennero tolti i tre più pesanti e la lettura della bilancia diminuì del 38%. Ne vennero tolti i tre più leggeri e la lettura diminuì del 38%. Quanti erano i pesci?
Sappiate che:
1) Questo problema (che devo a Davide Leonessi, 4G) NON è una riedizione dell’età del capitano di Nonciclopedia.
2) Vale sempre il discorso dei punti. Chi lo risolve riceve venti punti Superfregatur. Chi ne totalizza quindicimila riceve in dono uno scolapasta, viola o marrone cupo, a scelta (quelli fucsia sono terminati).
Vorrei delle delucidazioni su quella porca cosa chiamata “formula di Erone”. Mi interessa in particolare la dimostrazone…
Suggerisco di guardare il sito Wikipedia il quale riporta, oltre ad una dimostrazione basata sulla trigonometria, anche una semplice dimostrazione basata sul teorema di Pitagora, quindi accessibile anche ad uno studente del biennio.
La formula di Erone può esistere perchè il triangolo è una struttura rigida ovvero, costruendo un triangolo con tre segmenti di lunghezza data (tipo il vecchio meccano), la struttura risulta indeformabile a differenza, ad esempio, del quadrato o del rettangolo. Ciò tien luogo del fatto che si possa calcolare l’area conoscendo solo le misure dei lati. Ma allora, stante il fatto che anche un tetraedro è una struttura indeformabile (provare per credere, tipo col Geomag) come mai non esiste una formula di Erone per il volume del tetraedro? Scegliere tra le seguenti alternative.
1) Erone aveva tre a geometria solida.
2) Tutti i matematici dopo Erone avevano tre a geometria solida.
3) Al Miani non frega niente dei tetraedri.
4) La formula esiste ma è un segreto militare per volontà dei Dalek.
5) La formula è troppo lunga e non vale la pena di scriverla (tipo la formula dell’equazione di terzo grado).
6) E’ tutto un complotto.
Scegliete la vostra risposta. Se poi qualcuno volesse proporne una che abbia un senso non ci offendiamo mica, anzi la rivendiamo ai Dalek.
la risposta del quesito sui pesci è 10
Esatto. Vorrebbe scriverci due righe per spiegare perchè?
Potrebbe essere una miscellanea di tutto ciò?
XD
Massì, magari sono i Dalek ad avere convinto il Miani a fregarsene dei tetraedri, oppure Erone giocava a tappini durante la lezione sull’argomento. Ci rifletta e me lo richieda fra una settimana, magari invece che un saggio di umorismo alla Wodehause ottiene una risposta sensata.
Ringrazio per la spiegazione della formula di Erone e, per non deludere il pubblico, ho un’altra domanda: cosa mi sa dire sulla tabella di Young? A parte che non era cinese ma britannico?
Una tabella di Young si costruisce a partire dalla partizione di un numero naturale. Una partizione di un numero è un modo per scriverlo come somma di altri naturali. Ad esempio 10=1+2+2+2+3 è una partizione di 10. La tabella è un insieme di righe di lunghezza 1, 2, 2, 2, 3. Nella tabella, contenente 10 caselle, occorre inserire i numeri da 1 a 10 in modo che in ogni riga (da sinistra a destra) i numeri siano crescenti e lo stesso in ogni colonna (dall’alto in basso). Si tratta di un argomento che afferisce all’algebra superiore, ovvero alla teoria dei gruppi.
Vedo che la domanda sulla possibilità di una formula di Erone per il tetraedro non ha incontrato grandi entusiasmi. In ogni caso la risposta è la seguente: è pur vero che il tetraedro è una struttura rigida ma non è unica. Avendo tre bacchette di lunghezze tali da rispettare le disuguaglianze triangolari si può costruire uno ed un solo triangolo mentre avendo sei bacchette conmpatibili si possono costruire più tetraedri aventi volumi differenti. Ciò spiega perchè non può esistere una formula che contiene solo le lunghezze e che fornisce il valore del volume.