La scuola digitale

Recentemente il Ministro Profumo ha siglato un accordo con 12 Regioni (tra cui la Toscana) per un investimenti globale di 40 milioni di euro: 24 dal Miur e gli altri dalle Regioni stesse.
Sono previsti 5.906 lavagne digitali e Pc per classe, 77.073 tablet per gli studenti; verranno inoltre attivate 2.764 Classi 2.0 e 17 Scuole 2.0. Nello specifico, l’introduzione delle lavagne digitali nelle classi e di linguaggi e contenuti digitali consentiranno anche agli studenti assenti di partecipare alle lezioni, per avviare un processo di innovazione digitale.
Le classi 2.0 saranno quelle dove, oltre alla presenza della lavagna, ogni studente e insegnante ha un proprio dispositivo (portatile/tablet) in grado di dialogare con la lavagna digitale, accedere alla rete, utilizzare libri e contenuti digitali.
Riguardo i Centri Scolastici Digitali, Profumo ha detto che essi “permetteranno a scuole che diversamente non esisterebbero, dato l’esiguo numero di studenti iscritti, di esistere; scuole che vengono collegate alla rete anche tramite postazioni satellitari. Quindi anche nelle più lontane e disagiate zone del Paese e’ possibile fare questa esperienza”. Anche in Toscana abbiamo l’esperienza di Erre Cubo, con la presenza anche dell’Unceem.
Le Scuole 2.0, infine, sono quelle che attraverso le nuove tecnologie stanno trasformando i loro ambienti: orari scolastici, ma anche libri e contenuti digitali. È il progetto forse più ambizioso.
Si tratta di numeri importanti, che però presentano un punto critico: non basterà a fare innovazione la semplice presenza di hardware. C’è la questione fondamentale di come interrogarsi sui processi conoscitivi messi in opera dagli ambienti digitali, e come si può ridisegnare la scuola perché possa offrire crescita umana e formazione culturale ai nati dopo il Duemila. A questo proposito segnalo il progetto “We are REDI for the Future” promosso dal Liceo Scientifico-Linguistico “Francesco Redi” di Arezzo (vedi www.liceorediarezzo.it), il cui video di presentazione è disponibile dal sito del Liceo.
Ma i professori saranno pronti a questo nuovo tipo di scuola? 😉
Se si riferisce al forte uso delle tecnologie dell’informazione di cui parla l’articolo la materia è assai complessa. Mostra l’esperienza che l’innovazione, sia essa produttiva o no, incontra entusiasmi e resistenze, talora espressi in forma molto accesa o addirittura fideistica. Difficilmente ci si imbatte in una reazione razionale. Nel caso in esame il mondo sembra essere diviso tra coloro che ritengono che internet salverà il mondo (e la scuola con esso) e coloro che ritengono che internet sia il diavolo, un po’ come accadde al telefono un secolo fa. Si tratta di uno strumento utilissimo e che, nel mondo di oggi, nessuno potrà tranquillamente ignorare, ma che neanche sostituirà tutto ciò che c’era prima. Tutti usano il telefono, però la gente parla anche di persona. I professori, forse, sembrano manifestare qualche resistenza in più a fronte di un’età media un po’ elevata, ma è anche vero che un numero sempre maggiore di essi fruisce del materiale in rete per l’attività didattica, mediando tra la complessità di certi argomenti e gli studenti. Io prendo molte dimostrazioni da Wikipedia, e poi le trascrivo perchè Wikipedia salta parecchi calcoli e passaggi e il “sunto” così ottenuto sarebbe di difficile comprensione per uno studente di liceo. Lo strumento c’è e si spera che ci sia la voglia di usarlo al meglio. Severus.