Notizie positive per legge?

La cronaca anche recente ci ha fatto capire in più ripresa quanto la ricerca della notizia ad effetto, il macabro e il morboso sia spesso la facile ricetta di una informazione mediocre per insaporire il brodo e colpire il palato di lettori e telespettatori. Lo aveva detto nei suoi ultimi anni anche il filosofo Karl Popper, nel libriccino Cattiva maestra televisione: si mette pepe per coprire il sapore stantio della carne e, poiché dà assuefazione, si deve sempre aumentarne la quantità. Ma lo avevamo capito anche noi, persone comuni: plastici di villette esibiti in spettacoli “di informazione”, la fretta di trovare il colpevole, anzi il mostro, l’insistenza su particolari necrofili ha da tempo nauseato molte persone ma – purtroppo – attirato molte altre.

Ne nascono nevrosi e fortune politiche. Si è speculato sulla paura della criminalità, specialmente degli immigrati, si sono ignorati tutti i dati statistici e favore di ondate di allarmismo (chi si ricorda della “ineludibile necessità” di mettere in piedi le “ronde padane”?). Invece è necessario parlare del bene che accade intorno a noi, dei tanti eventi di speranza e di fiducia che nascono ogni giorno.

E tuttavia la notizia che ci giunge dalla Russia lascia davvero perplessi. Il partito “Russia Giusta” (Oleg Mikheev) ha proposto che “per proteggere la psiche della popolazione” le cattive notizie devono essere contingentate: vanno date ma in “modica quantità”. La precisione non manca: si parla del 30% di cattive notizie che deve essere accompagnata dal 70% di buone notizie. Così l’armonia sociale potrà essere coltivata, a dispetto di quelle brutte cose che turbano le coscienze. La cosa incredibile (forse non poi così tanto) è che Putin (terzo mandato) ha fatto propria questa proposta, aumentando la censura già di fatto esistente. In un Paese in cui tanti giornalisti vengono uccisi per il loro coraggio. Putin che una volta è comparso accanto a un suo caro amico (italiano) che ha mimato il gesto di mitragliare i giornalisti a una conferenza stampa).

Durante il fascismo si volle costruire un Paese senza criminalità comune, senza disastri naturali, senza incrinature. Non è che la gente non si uccidesse o che non ci fossero alluvioni: semplicemente non se ne dava notizia. Mussolini nel 1928 disse incontrando i direttori dei giornali: la stampa è “come un’orchestra, il la è comune ma gli strumenti sono diversi”.

Eccone alcuni esempi degli ordini dati alla stampa:

29/1/35: Il sottosegretario Ciano ha deplorato l’abitudine dei giornali di pubblicare fotografie, corrispondenze e titoli come questi:  freddo intenso a Roma, Napoli sotto la neve, La neve a Palermo. In questo modo si sviano le correnti turistiche del paese.

28/6/35: Vietato pubblicare le fotografie di Carnera a terra [il pugile, ndr]

11/7/35: Si fa assoluto divieto di pubblicare fotografie di carattere sentimentale e commovente di soldati in partenza, che salutano i loro cari.

7/12/35: Non pubblicare, nelle corrispondenze, notizie dei bombardamenti dei nostri aerei nell’Africa Orientale.

4/1/36: Non pubblicare fotografie sul genere di quella pubblicata questa mattina dal Messaggero, che dimostrino intimità dei nostri soldati con abissini. Si dia l’impressione di benevolenza da parte dei nostri soldati verso gli indigeni ma non di cordialità, di protezione ma non di affetto.

26/8/36: Non pubblicare fotografie in cui il Duce è riprodotto insieme ai frati, fotografie fatte oggi durante la visita al Santuario di Montevergine.

Come si vede, siamo tra il tragico e il ridicolo. Almeno una però ci sembra utile: 5/6/36: Ricordiamo che Africa si scrive con una sola “f” e non con due. 

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