Internet ” causa”o “rivela” il negativo che è in noi?

Di Anselmo Grotti
Nelle ultime settimane ci sono stati diversi casi che hanno messo in evidenza come negli ambienti digitali circolino facilmente anche pessime opinioni. Anzi, il termine “opinione” è sin troppo nobile: si è trattato di offese, sproloqui, volgarità del tutto ingiustificate e che niente hanno a che vedere con la libertà di pensiero, di espressione, di critica.
Cominciamo con il primo caso. Caterina Simonsen, studentessa di Veterinaria, colpita da 4 malattie genetiche rare, scrive su Fb: “Ho 25 anni grazie alla ricerca che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro» ”. Ed ecco alcune risposte di “animalisti”: “Puoi morire”; «Per me puoi pure morire domani. Non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un’egoista come te», firmato Giovanna. Colleziona oltre 30 auguri di morte e oltre 500 offese. Qui non ci occupiamo dell’evidente assurdità di occuparsi, anche legittimamente, del benessere degli animali ma di augurare tranquillamente la morte a una persona umana. Lo ha fatto molto bene Caterina scrivendo: «Invito Brambilla, Lav e Partito animalista europeo a combattere contro l’utilizzo degli animali dove non è fondamentale per l’esistenza umana: la caccia, i macelli, gli allevamenti di pellicce. Anziché fare tanto rumore mediatico, e ostacolare il lavoro dei ricercatori potreste raccogliere fondi e investire soldi per cercare un metodo alternativo valido» agli esperimenti sugli animali. «Una volta trovati questi metodi, per legge dovranno sostituire i test sugli animali», «vi chiedo di chiedere all’Aifa di mettere grande sulle confezioni dei farmaci che il medicinale è testato sugli animali a norma di legge, così che chi si cura possa fare una scelta consapevole». A chi vorrebbe fosse morta, infine, la ragazza augura «il meglio». Grazie, Caterina, di questa lezione di stile.
Secondo caso. L’ultimo giorno del 2013 su Twitter si è scatenata una serie di insulti ai meridionali dopo la notizie delle scosse sismiche in Campania. «terremoto pensaci tu», «morirete come scarafaggi», o «finalmente le disgrazie non solo al Nord». E poi gli «auguri»: «Zitti zitti che Babbo Natale col terremoto a Napoli forse sta per realizzare uno dei miei 3 desideri… O Vesuvio #pensaci tu». Terzo caso. I primi giorni del 2014 si sente male Bersani. Insulti e auguri di morte corrono sui social network.
Per alcuni è colpa della Rete, che ha “infranto tabù e freni inibitori che resistevano dai tempi delle società tribali”. Ma è davvero così? È chiaro che la rete amplifica moltissimo quello che noi siamo, nel bene e nel male. È come la luce radente che i restauratori utilizzano per vedere un dipinto nelle sue imperfezioni e irregolarità. A luce nomale magari non le vedevamo, ma non le ha create la luce radente. Il punto è: vogliamo metterci al lavoro per prendercene cura? Gli ambienti digitali sono ambienti specchio: se li uso per affermazioni idiote è chiaro che sto dando un giudizio molto pesante su me stesso. Quando si giudica qualcuno si dice molto su se stessi. Ma per capire questo occorre una certa capacità di riflessione. Quella che spesso ci manca. Ma non per colpa della rete. Per colpa della nostra pigrizia, della nostra ignoranza, della nostra superficialità. Che c’era anche prima, solo più nascosta.
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