Gli alieni? Sono già tra noi

di Anselmo Grotti
Si dice che nell’estate del 1950 il fisico Enrico Fermi abbia domandato, in piena isteria di ufo e presenze aliene: “Ma se l’universo brulica di alieni, dove sono tutti quanti?”, riferendosi al fatto che dopo tutto non ne abbiamo traccia- a maggior ragione oggi dopo tanti decenni di chiacchiere in proposito. Ma si dice anche che un famoso fisico ungherese, Leo Szilard abbia controbattuto: “Gli alieni esistono, e si fanno chiamare ungheresi” In effetti a quel tempo negli Stati Uniti c’erano scienziati ungheresi di alto livello: Edward Teller, Eugene Wigner, Theodore von Kármán e John von Neuman. Oggi però potremmo dare un’altra risposta al “paradosso di Fermi”. Forse gli alieni non esistono, o almeno non sono giunti qui da noi. Eppure sempre di più coabitiamo con esseri che giungono da uno spazio remoto. Non quello delle galassie, ma piuttosto quello del nostro inconscio. Questa di per sé non sarebbe una novità: sogni, allucinazioni, opere letterarie e artistiche hanno da molto tempo abitato le menti degli uomini. Ma da oggi l’inconscio ha un altro modo di prendere corpo e fare il viaggio sino a noi: la tecnologia. È la tecnologia ad alimentare un mondo che solo per pigrizia chiamiamo virtuale, visto che è a suo modo molto reale, non fosse altro che per i suoi effetti. Che le nostri menti potessero essere abitate da fantasmi da noi stessi creati e poi ritenuti reali, oggettivi, con vita propria lo aveva già capito Euripide. Egli racconta che il dio Ermes aveva nascosto Elena in Egitto, ospite del re Proteo, e aveva poi creato “un fantasma dotato di respiro, fatto con un pezzo di cielo, […] un vuoto miraggio” in tutto simile ad Elena. Il fantasma era andato con Paride a Troia, all’insaputa di tutti. E una crudele guerra aveva insanguinato la città per dieci lunghi anni. Non per una persona reale, ma per una immagine fantasmatica – eppure condivisa nelle menti di tutti i partecipanti. Un po’ come è successo in fondo per le guerre in Iraq, dominate dal mito mediatico della “pistola fumante”. Il cinema ha raccontato più volte questa storia: in “S1m0ne” è una figura femminile costruita al computer che concentra in sé le aspettative e i desideri di uomini e donne, incapaci di distinguere la proiezione della loro mente dalla realtà. In “Her” la voce suadente di un software è talmente capace di similare una personalità che il protagonista se ne innamora. Gli “assistenti vocali” non sono però fantascienza di domani, ma realtà di oggi. Il problema non è tanto l’avanzare della tecnologia, quanto il nostro essere impreparati. L’intreccio tra reale e immaginario non è una patologia dell’essere umano, ma la sua stessa natura. Il che non significa che tutto vada bene in modo automatico, ma che occorre prendersi cura di questo rapporto. Una necessità che oggi appare più stringente che mai per la pervasività e la potenza dei media, ma che era stato percepito e molto ben descritto fin dai tempi del mito e della filosofia greca.
Una prof che studia gli alieni
Sono ormai diversi anni che , mentre affronto con i miei ragazzi o con gli adulti dell’Uniel i testi letterari, seguo l’ obiettivo di leggervi il rapporto tra reale e immaginario, quello chè e quello che si vorrebbe, proprio perchè anche io sono fermamente convinta che questo intreccio non è una patologia, ma la condizione umana. E tutti i testi che visitiamo io li presento come storie di altri uomini che ci è dato la fortuna di vivere, perchè leggendole arricchiamo il nostro bagaglio di esperienze, sogni, delusioni, riflessioni. Mi disse Umberto Eco , quando ebbi la fortuna di parlargli poco prima della laurea di mia figlia, che Lui scriveva solamente per condividere storie e dare l’opportunità al suo lettore ideale , con cui instaurava un patto narrativo, di entrare in un’altra epoca e riscrivere con lui la storia attraverso la sua di immaginazione. Da ciò sortisce anche un confronto che spesso ci illumina e rassicura quando scopriamo che altri hanno avuto le nostre percezioni, problematiche , fantasie… Spesso è la fuga dalla realtà che sortisce costruzioni fantastiche e idilliache, basti pensare a tutta la letteratura arcadica, la non capacità di accettere la nostra finitezza e i limiti che sono stati posti alla nostra conoscenza fanno arrivare il ” miracolo montaliano”, il tuffo momentaneo nell’infinito di Leopardi, il rifugio nel nido pascoliano, l’immersione nella bellezza di Foscolo e via e via…. Altri uomini invece hanno fatto della loro opera una ricerca minuziosa del reale, ci si sono immersi dentro per sviscerarlo disincantati e come Epicuro sono tornati a noi dopo aver oltrepassato le mura infuocate del mondo ci hanno tolto il velo dagli occhi e aperto alla verità della nostra condizione. Si potrebbe continuare ,ma in sostanza il virtuale è un filo conduttore di tutta quella letteratura in cui l’uomo s’innamora di un sogno e ce lo regala senza inganni, perchè di sogno si tratta. Queste fantasmanie alleviano le nostre fragilità e al contempo gli eroi che sanno affrontare ” lo scacco” ci spingono coraggiosamente ad amarci per quello che siamo , anche se disincantanti, sconsolati e stanchi.
Mpia Nannini