Le scelte tecnologiche sono anche politiche: il caso radio digitale

Anselmo Grotti

Secondo un modo ingenuo di pensare, la tecnologia “va avanti”. Poiché ogni tentativo di “fermarla” è illusorio, non ci resta che accettare di volta in volta il fatto compiuto, perché “inevitabile” e dovuto proprio alla stessa realtà delle cose. In realtà l’affermarsi di una determinata tecnologia è un evento complesso, che dipende da molti fattori, alcuni dei quali hanno poco a che fare con aspetti tecnici. Nel passato ad esempio lo standard VHS delle videocassette non era quello tecnicamente migliore, ma è stato imposto dal marketing.

Oggi un caso molto interessante è rappresentato dalla radio digitale. La radio digitale (DAB e DAB+) rispetto alla diffusione analogica presenta numerosi vantaggi. Il principale è la qualità del suono, molto migliore, sostanzialmente paragonabile a quella che si ha nell’ascolto di un CD. Inoltre è possibile veicolare anche servizi innovativi potendo trasmettere anche dati ulteriori oltre il suono in senso stretto. Naturalmente richiede un certo investimento negli impianti di trasmissione, mente i costi per l’utente finale non sono superiori a quelli necessari all’acquisto di una radio FM.

Nonostante questo, la diffusione del segnale DAB stenta a decollare in Italia. Ad oggi le stazioni Rai (canali 1, 2, 3, rd4, rd5 GrParlamento e Isoradio) coprono la valle Padana, le zone di Roma e Napoli, porzioni di Sardegna e Sicilia. Intere regioni, come la Toscana, ne sono completamente escluse.  La Gran Bretagna programma il definitivo passaggio al digitale nel 2018, quando sarà spento il vecchio segnale FM. In Italia si è preferito per ora attendere – non ci si è dati nessuna scadenza- , e comunque puntare su quello che si chiama outdoor, l’esterno. Poiché di fatto la radio è ascoltata soprattutto in macchina, la scelta ha privilegiato le autostrade, visto che si è interessati soprattutto a vendere pubblicità. Se vogliamo ascoltare la radio digitale in casa quindi non basta essere in una zona “coperta”. Dobbiamo essere in una zona con una eccellente copertura. Il che è un po’ paradossale, perché se è vero che è sempre meglio ascoltare la musica in alta qualità, l’automobile non è il luogo migliore per farlo – per gli inevitabili rumori d’ambiente.

Ecco allora il nostro esempio: la tecnologia c’è, a facile accesso, sostenibile. Ci potrebbe dare una esperienza di ascolto di maggiore qualità e migliori servizi. Ma poiché non ce ne rendiamo ancora conto fa fatica ad affermarsi e/o si afferma con logiche che privilegiano non il cittadino ma gruppi di potere. Il che non è senza conseguenze, perché persistiamo nell’atteggiamento di disattenzione e di banalizzazione. Una musichetta mille volte riutilizzata o il chiacchiericcio stereotipato di qualche conduttore sono gli stessi con un audio mediocre o eccellente. Una musica “vera” (di qualsiasi genere) e una voce che sa quello che dice sono molto valorizzate, direi “rispettate”, da una tecnologia di buon livello. Poiché quello che facciamo e il come lo facciamo ci struttura piano piano anche nel nostro profondo, l’ascolto trasandato e approssimativo diventa parte di noi. Dobbiamo imparare a scegliere, e a saper chiedere che almeno il servizio pubblico della Rai, cui paghiamo il canone,  sia attento a dare risposte adeguate. Anche nel DAB.

 

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