“Internet delle cose”

di Anselmo Grotti
È rimasta celebre nell’ambiente teatrale la risposta stizzita – e da par suo molto ironica – di Edoardo De Filippo all’invadenza dei produttori televisivi. “Eduardo”, uomo di teatro di cui conserviamo alcune riprese televisive piuttosto traballanti, veniva contattato più volte dalla Rai nella sua casa di Napoli. A un certo punto, un po’ esasperato, a chi gli diceva che “c’era la televisione al telefono” pare abbia risposto: “Ah si? C’è la televisione al telefono? E tu passagli il frigorifero!”.
Con tutto l’affetto e la stima che abbiamo per il grande Eduardo, dobbiamo dire a qualche decennio di distanza che almeno in quella occasione ha avuto torto. Che la tv interagisca con il frigo, che il telefono faccia da mediatore, che un oggetto interagisca con altri oggetti via software non è più una battuta. È una realtà.
Non c’è bisogno di pensare alle auto che si guidano da sole, o ai sistemi di Borsa e alle transazioni finanziarie, come pure ai droni militari o a complicate operazioni chirurgiche. Basta fare solo qualche esempio di vita quotidiana.
Ci sono ormai dappertutto software che fungono da promemoria di compleanni e anniversari. Naturalmente una buona cosa di per sé, molto utile ai mariti che non ricordano l’anniversario di fidanzamento o peggio di matrimonio. Salvaguardare la pace domestica è certamente un buon risultato. E allora, perché non fare un passo in più? Perché non affidare a un software il compito di mandare direttamente gli auguri il giorno del compleanno o dell’anniversario? Infatti, già lo facciamo. E allora perché non fare ancora un piccolo passo in più? Perché non utilizzare un software che risponde agli auguri, ringraziando e facendolo magari in forma differenziata a seconda di chi è l’interlocutore (sarebbe imbarazzante rispondere allo stesso modo alla moglie, all’amica, alla collega, alla suocera…)? E infatti, volendolo, già lo facciamo.
Insomma: non è lontano il giorno in cui potremo mandare gli auguri via software, e un software ci risponderà. Si possono così creare decine di transazioni di auguri e ringraziamenti del tutto automatizzate e meccaniche, mentre noi siamo del tutto ignari e inconsapevoli di quanto accade. Ma le “forme” sono salve.
Questo trafiletto però non finisce con l’ovvia e condivisibile lamentazione sui possibili rischi di un tale automatismo. Finisce con un piccolo slittamento di contesto. Siamo sicuri che questo agire meccanico sia imputabile al software? Non è che già adesso, e da tempo, ci comportiamo allo stesso modo in molte transazioni sociali? Certo, non lo facciamo con un computer, ma scrivendo e/o parlando e/o agendo noi stessi. Ma se cambia il mezzo che agisce senza cambiare la sua modalità – meccanica – c’è davvero molta differenza? Le situazioni paradossali ci attraggono perché sono chiare. Poi magari pensiamo che la realtà sia diversa perché non è così estrema. Ma la grande letteratura ha capito da un pezzo il modo con cui funzioniamo quando lasciamo le redini alla pigrizia e alla mancanza di “cura”.
Il grande scrittore Jorge Amado, morto noventenne nel 2001, aveva scritto nel 1936 Mar Morto. Nel romanzo molti poveri pescatori analfabeti si rivolgono a un pubblico scrivano, il “dottor” Filadelfio. Egli ascoltava i suoi clienti e le loro pene d’amore – e non solo. Poi però scriveva sempre la stessa lettera standard per ogni circostanza. . E conosceva tutto di tutti, essendo il confidente obbligato di tutti. Molti bambini dovevano l’incontro dei loro genitori e quindi la loro nascita al “dottor” Filadelfio. Ma la cosa più interessante è che molte volte rispondeva lui stesso alle lettera che aveva scritto. L’ironia di Amado è spiazzante: ancor prima che le cose dialogassero tra loro a nostra insaputa grazie a Internet, c’era il rischio di usare le parole in modo banale, automatico, senza che davvero instaurassero una relazione. Un rischio tutt’altro che ipotetico, anche oggi.
No comments yet.