Comprensione e pregiudizio

di Anselmo Grotti
(segue dagli appunti precedenti)
Secondo Turing la ripugnanza che proviamo ad ammettere una cosa del genere deriva da un pregiudizio, da una mancanza di abitudine. Se “vediamo” la macchina non le attribuiamo la capacità di comprendere, mentre se operiamo “al buio” i nostri pregiudizi non si attivano. Pregiudizi che operano anche nel senso opposto: diamo per scontato che le persone “comprendano” quanto viene loro detto solo perché ci “assomigliano”. Se le sottoponessimo al test, molte di loro non lo supererebbero, sostiene Turing con una punta di aristocratica superiorità intellettuale. In ultima analisi – a suo parere – non abbiamo nessuna prova che gli esseri umani possiedano stati mentali. Perché dobbiamo essere più severi con le macchine che con gli uomini? Nella vita di tutti i giorni non solo non abbiamo le prove che gli altri hanno degli stati mentali, ma a volte ci sembra addirittura di avere le prove del contrario, cioè che non li abbiano. Alla fine magari ci adattiamo alla “educata convenzione che tutti pensino”, ma per l’appunto si tratta di un atto più da galateo che di un vero e proprio riconoscimento dell’altro.
Qualcosa non ci convince. Ma dobbiamo essere molto precisi, Turing non manca di buone ragioni. Sono soprattutto due le questioni che Turing trascura. Eppure, proprio grazie al suo test, potremmo riuscire anche a capire meglio cosa vuol dire comprendere e, magari, riuscire a migliorare le nostre capacità di farlo. Ne parleremo prossimamente.
No comments yet.