Le ragioni di Turing: una sorprendente verità

di Anselmo Grotti

(vedi gli interventi precedenti)

La seconda questione, forse sorprendente, è una constatazione. Di fatto esistono molti casi in cui Turing ha ragione. Molti casi nei quali la nostra conversazione potrebbe benissimo essere emulata da un computer. Ogni volta che usiamo stereotipi, svolgiamo ruoli, assumiamo maschere, replichiamo rituali, siamo “massa”… la nostra comunicazione è algoritmica (e spesso neanche particolarmente complicata). Pensiamo a quello che si dice in un talk-show, in tanti programmi di intrattenimento alla radio, nelle conversazioni formali… ma a volte anche nella banalità delle conversazioni in famiglia, tra amici, forse anche nel dialogo interiore (quando c’è…). Che differenza c’è tra il commento a una partita di calcio generato da un programm  di intelligenza artificiale nel videogioco e quello fatto a Canale 5? Oppure nel dialogo di un reality show e alcuni momenti fiacchi e sciatti del nostro conversare? Molti romanzi di largo consumo sono scritti da sistemi automatici, non da scrittori: e chi li legge li apprezza perché prevedibili, rassicuranti, facili.

 Le macchine potranno pensareProbabilmente no, ma non serve emettere giudizi in anticipo. Se è impossibile, lo sarà indipendentemente dai nostri affanni. Il vero problema è un altro: abbiamo coraggio e competenze sufficienti per pensare e comunicare come esseri umani? Perché possiamo anche pensare e comunicare per stereotipi: se lo facciamo abbastanza a lungo non sarà difficile costruire una macchina che penserà come noi, visto che noi per primi ci siamo limitati a pensare come macchine

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