Media e uso politico dello sport

di Anselmo Grotti
Ricomincia il circo calcistico. Ciclicamente riemergono nel nostro calcio gli intrecci tra interessi economici, malaffare, politica. In tutto questo un ruolo fondamentale è giocato dai mezzi di comunicazione, spesso coinvolti in prima persona in rapporti incestuosi tra proprietari di squadre, notabili, politici, imprenditori, tycoons. Ma non è soltanto storia recente.
Il primo a comprendere l’efficacia del calcio come strumento politico fu Finzi, capo del Coni dopo la Grande Guerra: aveva accompagnato D’Annunzio nel volo su Vienna (evento mediatico per eccellenza) e partecipato alla Marcia su Roma (altro evento trasfigurato nella narrazione mediatica). Va rilevato comunque che seppe poi opporsi alle leggi razziali finendo fucilato alle Fosse Ardeatine. Un suo successore alla guida del Coni, Ferretti, teorizza come lo sport sia il migliore diversivo per la gioventù, capace di allontanare lo spettro della lotta di classe. Nel 1928 la prima radiocronaca di una partita avviene dallo stadio di Roma, intitolato direttamente al Partito Nazionale Fascista. La si ascolta da 250.000 apparecchi radio a galena, con le cuffie. In un’Italia povera e analfabeta, la “Gazzetta dello sport” da sola vende 300.000 copie, mentre altre 500.000 sono la somma delle altre testate. Mussolini riprende una frase di Gallian (quasi come Galliani…): “Quando gioca l’Italia, i nuovi sportivi italiani sono sempre membri delle squadre fasciste”.
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