Tecnologia da indossare

di Anselmo Grotti
Ogni forma di tecnologia è di fatto un prolungamento del nostro corpo: l’automobile amplia la capacità di spostamento di gambe e piedi, il telefono quella di dialogo della voce e dell’udito, e così via. Ci sono oggetti da cui diviene sempre più difficile separarsi, come il telefonino. Eppure finora la tecnologia digitale si è fatta sempre più vicina a noi, ma non ancora “compresa” nel nostro corpo. Paradossalmente le tecnologie più omogenee al nostro corpo sono molto precedenti all’elettronica (gli occhiali) o addirittura molto antiche (vestiti). In effetti gli occhiali e, molto prima di loro, i vestiti sono tecnologie che portiamo sempre con noi, una “estensione” del corpo sentita assolutamente come ovvia e naturale.
Il cammino che gli apparati digitali hanno compiuto in questi decenni è stato impressionante. La loro nicchia ecologica all’inizio erano apposite stanze loro dedicate; poi si sono fatti più piccoli e discreti, ma pur sempre fissi sopra un tavolo. Successivamente è cominciata la “portabilità”, prima con qualche chilo di peso, poi sempre più leggeri e meno ingombranti. Ma pur sempre “esterni” a noi: magari solo nella tasca della giacca.
Ma siamo ormai al passo successivo: non solo gli occhiali, ma i dispositivi “indossabili”. L’elettronica diventerà il nostro esoscheletro fatto di bit. Una informazione che letteralmente ci “veste”. Oggi ci sono circa 200 prodotti diversi realizzati da cinque marche. Esiste una precisa strategia di marketing per la diffusione di tali prodotti. Si è cominciato con gli sportivi (controllo di tutti i parametri vitali, monitoraggio delle prestazioni) e con gli appassionati di tecnologie digitali (i “nerd”). Ma nel mirino dei produttori stanno per arrivare i grandi numeri della generalità dei consumatori. Ecco cosa scrive Sonny Vu, cofondatore di una società di “tecnologia da indossare”: “le persone comprano gli activity tracker per essere più in forma, ma la verità è che vogliono sembrare più in forma. Che insomma vogliono essere più belli. La seconda ragione è che vogliono misurare quanto sono attivi, e magari renderlo pubblico sui social network per sfidare i propri amici”. C’è dunque una forte componente di narcisismo che spinge la vendita di questi prodotti, ma anche la tipologia di sviluppo richiesta agli sviluppatori. Con una capacità di pianificazione da non sottovalutare. Dopo averci legato al corpo aggeggi di vario genere, la tecnologia migrerà direttamente nei vestiti. Sonny Vu ha una data: entro dieci anni dovremo rinnovare tutto il guardaroba. E un luogo: l’Italia, “dove il pubblico non vuole solo qualità produttiva, ma anche design di alto livello”. Sonny non è italiano. Neppure cinese. È vietnamita.
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