La comunicazione come relazione tra soggetti

di Anselmo Grotti
Il tema del “guardare negli occhi” ha accompagnato le nostre riflessioni in relazione al tema della relazione (educativa e quindi umana) in rapporto all’ambiente digitale che viviamo in maniera costante. Concludiamo oggi il tema facendo riferimento al cinema. Woody Allen in “Crimini e misfatti” mette in scena la vicenda di un affermato oculista che, stanco di una relazione che sta divenendo troppo impegnativa, fa uccidere l’amante. “Mia madre diceva che se guardi bene in fondo agli occhi di una persona ne vedi l’anima, ma io non ho visto nulla”. Eppure noi percepiamo che guardare qualcuno negli occhi è completamente diverso dal guardare qualsiasi altra cosa. Dov’è la differenza? È l’unico caso in cui il dualismo soggetto/oggetto si dissolve. Di norma il soggetto guarda e l’oggetto è guardato. Il soggetto domina e l’oggetto è dominato. Non così nello sguardo reciproco. Eppure, come in ogni cosa umana, non si tratta di un fatto automatico, ma di una scelta. Il Vangelo di Luca (22,61) usa il verbo ἐνέβλέπω (guardo dentro) invece che il semplice βλέπω (guardo). È un passo drammatico: Pietro ha rinnegato Gesù al momento del suo arresto. “Il Signore, voltatosi, guardò [dentro] Pietro”. Pietro incrocia quello sguardo nei suoi occhi, si ricorda delle parole di Gesù e “piange amaramente”. Lo sguardo non vede soltanto un oggetto esterno, ma una interiorità. Papa Francesco, nella Messa iniziale del suo pontificato (19 marzo 2013) aveva esortato il vescovo a guardare negli occhi ogni persona, sempre in spirito di servizio. Nel film di Allen il mandante dell’omicidio è un oculista. Egli guarda per professione negli occhi dell’altro, ma la luce di cui si serve impedisce al paziente di guardare a sua volta gli occhi del medico. Quando non c’è relazione, quando non c’è scelta, si può ridurre a oggetto anche gli occhi dell’altro, senza incontrarvi nessuna anima.
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