Le tante facce del “virtuale”

Anselmo Grotti

Dobbiamo imparare che siamo umani perché sappiamo abitare il virtuale – che è molto precedente alla questione del digitale. Meglio: abbiamo imparato a diventare umani quando abbiamo cominciato a non vivere solo di percezioni direttamente afferenti a una realtà fisica presente davanti ai nostri sensi, ma a dare importanza anche al ricordo, alle aspettative, a una continuità tra diversi stati d’animo. C’è un’incessante attività mentale che costruisce un mondo che non è fisico, ma rende significativo il mondo fisico. Il virtuale nasce da una maggiore complessità psichica.

Lo abbiamo imparato molto presto. L’animale è mosso dagli stimoli immediati dell’istante, dall’apparire di un bisogno e della sua possibile soddisfazione.  “L’animale caccia finché la preda stimola i suoi sensi; passato qualche tempo in cui udito, vista o odorato non la sentono più, se ne disinteressa. Il protouomo cominciava invece a seguire una traccia psichica oltre che fisica; a conservare, durante la lunga battuta, un’immagine mentale della bestia cacciata, anche quando non ne avvertiva più la presenza con i sensi” (Luigi Zoja).  Siamo diventati umani quando abbiamo abitato anche il virtuale: ci siamo ricordati del passato, abbiamo immaginato il futuro. Ci siamo presi cura dei nostri morti: hanno continuato ad abitare le nostre menti. Ci siamo presi cura del nostro partner: abbiamo capito che è importante sempre, non solo al momento dell’accoppiamento. Ci siamo presi cura dei nostri figli, accompagnandoli nel tempo, riconoscendoli in relazione con noi. Che disastro sarebbe l’assenza di virtuale!

Abbiamo visto che l’animale non abita il virtuale, ma le immediate percezioni del mondo fisico, senza memoria (e già Aristotele e Dante avevano detto che non c’è sapere senza il ricordo…). Più vicino a noi ha scritto Nietzsche (Considerazioni inattuali): “Osserva il gregge che pascola davanti a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia oggi: salta intorno, mangia, digerisce, salta di nuovo…, legato brevemente con il suo piacere ed il suo dispiacere, attaccato cioè al piolo dell’attimo e perciò né triste né annoiato… L’uomo chiese una volta all’animale: “Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?” L’animale voleva rispondere e dice: “Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire” – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto al passato: per quanto lontano egli vada e per quanto velocemente, la catena lo accompagna… Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all’uomo. Allora l’uomo dice “Mi ricordo”.

La memoria è un luogo virtuale affascinante e pericoloso. È capacità di imparare ma anche catena. Non è un dato di fatto: è qualcosa di cui prendersi cura. Altrimenti il virtuale crea non pochi guai.

Abbiamo visto che il virtuale può essere ciò che ci rende specificatamente umani, ma anche proprio per questo contiene delle ambiguità. In certe occasioni tali ambiguità si intensificano fino a diventare aspetti totalmente ingannatori e disumanizzanti.

Tuttavia non è detto che siano gli aspetti che più facilmente ci vengono in mente ad essere i peggiori. Certamente è alienante il virtuale che ci lega in modo patologico a un mondo esclusivamente digitale. In Giappone sono decine e centinaia di migliaia i casi di “hikikomori”, vale a dire adolescenti che comunicano in rete in modo selettivo, cercando chi come loro vuole intrecciare solo rapporti in ambiente digitale. Recentemente il fenomeno è presente anche in Europa. Dal 2013 lo Zingarelli registra questa parola definendola come l’atto di “isolarsi”, stare in disparte”.

Saremmo sorpresi dall’apprendere che il virtuale più alienante e diffuso è di un altro tipo, con enormi pericoli di cui non ci accorgiamo: il denaro. Il denaro è un medium, qualcosa che di per sé rimanda a un bene reale. Ma la finanziarizzazione dell’economia ha portato la sua virtualità a un tale grado di esasperazione che non c’è quasi nessun rapporto con l’economia reale.  Fino a che tutti stiamo al gioco il sistema bene o male funziona, ma se qualcuno dovesse scoprire il bluff il risveglio degli hikikomori che siamo tutti noi sarebbe drammatico.

 

, , ,

No comments yet.

Lascia un commento

Leave your opinion here. Please be nice. Your Email address will be kept private.